Una vita di sperimentazione

Tito Maniacco nasce a Udine il 6 gennaio 1932 da Rosalia Maniacco e Silvio Maria Bujatti grande fotografo noto per i ritratti e le tecniche tipiche del pictorialism.
La sua infanzia e adolescenza sono narrate nel libro autobiografico Figlio del secolo, del 2008.
Gli studi irregolari, la precoce creatività e un acuto senso critico lo portano a formarsi una cultura vasta, internazionale, anticonformista.
Entra presto nella Figc. e poi nel Pci, restandovi fino al 1985. È consigliere comunale, capogruppo, partecipa al comitato cittadino del Pci, si occupa dei temi dell’autonomia e identità friulana. Nel 1957, dopo aver vinto il Concorso Magistrale, ottiene un primo incarico come supplente a Moggessa, dove insegna per qualche mese in una pluriclasse.
Questa esperienza si rivela indelebile e costituisce il nucleo del racconto Mestri di mont (2007).

A Udine frequenta il gruppo di poeti che fa capo alle riviste “Momenti” e “La situazione” (Mario Cerroni, Alcide Paolini, Luciano Morandini, Domenico Cerroni Cadoresi) e proprio in questa prima rivista compare nel 1953 la sua prima poesia edita: Se vorrete parlarmi a sera.

Sposa nel 1958 Luisa Pegolo e nel 1961 nasce la figlia Barbara.

Coltiva insieme scrittura e arte figurativa, i suoi quaderni di appunti e poesia sono sempre accompagnati da immagini e segni calligrafici.
Dipinge, guidato inizialmente da Giuseppe Zigaina. Dopo la partecipazione ad una collettiva a Udine nel 1952, espone nel 1968 al Circolo degli Artisti friulani di Udine. I suoi collages ironici e provocatori incontrano una perplessa accoglienza.

La politica lo appassiona quanto la letteratura e l’arte. Fatica a trovare il tempo per esprimere quanto sarebbe necessario alla propria multiforme creatività né l’insegnamento come amatissimo maestro in varie località del Friuli – Venzone e Manzano che raggiunge in treno, poi finalmente nel 1978 Udine – facilita la possibilità di realizzare i suoi numerosi progetti.

Diviene presidente del Circolo culturale Elio Mauro che si occupa per la prima volta in Friuli di Tina Modotti (1971) e porta a Udine Mistero buffo di Dario Fo e Rafael Alberti.

Sono famosi per l’inedito taglio ispirato alla “Scuola delle Annales”, e letti da ogni persona che si occupi del Friuli, i suoi I Senzastoria (1977-79), con illustrazioni di Ferruccio Montanari, cui seguono negli anni La storia del Friuli e altre pubblicazioni riguardanti la storia regionale.

Accantonata apparentemente la pittura (in realtà non smette mai di dipingere), si dedica all’arte degli amici pittori con attenzione in scritti in cui si definisce un “lettore”, piuttosto che un critico.
Segue particolarmente gli amici artisti Mario Baldan, Pino Mocchiut, Luciano Ceschia, Tonino Cragnolini, Carlo Ciussi, Aldo Colò, Sergio Altieri, Cesare Mocchiutti, Anzil, il fotografo Danilo De Marco. Più tardi Giancarlo Ermacora, Riccardo De Marchi e Bruno Aita.

Oscurato dalla stampa locale per l’appartenenza politica, solo verso la fine degli anni ottanta comincia a collaborare ad alcune testate, trovando ospitalità in “Tuttoudine” prima, poi ne “Il Gazzettino” e ne “Il Friuli”, diventato successivamente “Il Nuovo FVG”, nei quali, con i suoi Ritrattii e Moleskine, non tace sugli aspetti della politica e della società che lo deprimono.
Mai rinnegherà l’utopia comunista pur riconoscendo errori e limiti della real politik e del partito.

Numerosissime le pubblicazioni nel corso degli anni ottanta e novanta, sia in campo poetico che narrativo che saggistico, mentre per la pittura la ripresa ufficiale si ha solo nel 1991 con la mostra Bricolage II presentata in libreria, a conferma dello stretto nesso che lega in lui arte e letteratura.

Separatosi dalla prima moglie, dalla fine degli anni ottanta si lega a Marina Giovannelli, che sposerà nel 1999. Insieme a lei trascorrerà diversi periodi a Campone, in val Tramontina, e poi nell’Ampezzano. A Oltris dedicherà l’unico libro di poesie in friulano.
Anche Grado entrerà nei suoi testi con Patriarca nella nebbia, poemetto ispirato al patriarca Elia.

Insieme agli scritti questi luoghi daranno origine a serie di ricerche figurative con la tecnica dell’acquarello, mai abbandonata nel corso degli anni. Riconoscimenti pubblici sono Premio Friûl “Aquila d’0ro” ricevuta dal Comune di Pozzuolo del Friuli nel 1987, il “Premio Epifania” a Tarcento nel 2003, “Premio alla carriera” della Società Operaia di Mutuo soccorso di Pordenone nel 2007. Nel 2008 il Comune di Udine gli conferisce il sigillo della città quale cittadino onorario, mentre la sua opera letteraria ottiene nel 1972 il Premio “Cittadella” per la silloge poetica Le vette del tempo e nel 2008 il Premio “Caterina Percoto” (ex aequo) con Mestri di mont.

Nel 1988 subisce il primo intervento chirurgico al cuore e da allora la forza fisica è limitata ma l’energia morale non ha cedimenti nemmeno nell’ultimo periodo della grave malattia che lo porterà alla fine in Udine il 22 gennaio 2010.